Abbiamo letto e ci siamo a lungo confrontati sull’ordinanza della Corte di Cassazione
con cui viene sollevata davanti all’Ill.ma Corte Costituzionale “la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 27, c.3, legge n. 184 del 1983 nella parte in cui
stabilisce che con l’adozione legittimante derivante dall’accertamento della
situazione di abbandono e della dichiarazione di adottabilità cessano
irreversibilmente i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine estesa ai parenti
escludendo la valutazione in concreto dell’interesse del minore a non reciderli
secondo le modalità stabilite in via giudiziale”.
A sommesso parere della nostra Associazione, nel presentare il quesito, forse per
ragioni di sintesi, non è stato approfondito il quadro dell’evoluzione che ha avuto
l’istituto dell’adozione “piena” (termine che preferiamo a “legittimante”) su questo
specifico punto.
Nel corso di tutti questi anni sono stati dichiarati adottabili e adottati non solo minori
piccolissimi (in buona parte non riconosciuti alla nascita dalla partoriente che si è
avvalsa del diritto alla segretezza del parto), ma anche bambini e ragazzini in età
scolare, preadolescenti o adolescenti. In alcuni casi, nell’ambito delle famiglie che abbiamo conosciuto e conosciamo, è successo che l’adozione non abbia precluso il mantenimento di rapporti di fatto con componenti della famiglia di origine, impossibilitati però a provvedere alle cure del minore in accertato stato di adottabilità per diversi motivi, quali l’età avanzata (es. i nonni) e/o gravi motivi di salute (malattie a esito infausto, tumori, malattie a carattere evolutivo come SLA, sclerosi in forme gravi, etc.). In casi, eccezionali, i giudici hanno previsto che fossero mantenuti rapporti di fatto non solo con un parente della cerchia allargata, ma anche con un genitore.
Si è trattato, però, indubbiamente, di situazioni rare, assolutamente non
generalizzabili, che hanno consentito il mantenimento di positivi legami dell’adottato
con una persona che era stata un riferimento affettivo per lui nella prima fase della
vita. Non riteniamo, però, che una previsione di questo tipo possa riguardare situazioni di
minori che invece hanno subito, magari per anni, maltrattamenti e abusi da parte di
congiunti, minori che, finalmente, accertato lo stato di adottabilità, con l’adozione
hanno avuto e hanno la possibilità di vedere riconosciuto il loro diritto ad una
famiglia idonea e di guardare positivamente al loro futuro. Non va sottovalutato,
infatti, quanto confermato anche da psicologi e neuropsichiatri che ci spiegano che le
esperienze sfavorevoli subite nell’infanzia (deprivazioni, violenze, etc.) lasciano delle
ferite con fatica rimarginabili, che comunque lasciano cicatrici. Queste sono la maggior parte delle situazioni in cui i minori vengono dichiarati in stato di adottabilità e per questo il Legislatore ha giustamente previsto l’interruzione dei rapporti. Non può essere previsto che venga mantenuto un rapporto con un parente/genitore che si è reso autore di quelle ferite, ferite che potrebbero riaprirsi a seguito di riprese di rapporti forzati, che farebbero rivivere quanto subito dal minore, compromettendo il faticoso e impegnativo percorso di recupero e cura avviato con l’inserimento nella famiglia adottiva.
Di seguito tutta la lettera aperta Anfaa a Corte Costituzionale