Durante il percorso scolastico

Nella scuola ci sono ottimi insegnanti che conoscono a fondo le loro materie, ma questo purtroppo non basta. Non si può, infatti, semplicemente “travasare un sapere”, bisogna mettersi in gioco, entrare in relazione con i ragazzi, cercare punti di incontro, diventare i loro riferimenti. Tutti i bambini – in particolare quelli con una storia problematica alle spalle come i minori adottati, affidati, portatori di handicap o stranieri – dovranno capire che nell’ambiente scolastico troveranno qualcuno disponibile ad ascoltarli, ad ascoltare non solo quello che sanno, ma anche quello che sentono, a valorizzare ogni diversità. (dal libro Star bene insieme a scuola si può?  Di E. De Rienzo – ediz Utet Libreria)

Testo a  cura della  Dr.ssa Marella Basla – psicologa forense

L’inserimento scolastico rappresenta per ogni bambino una tappa importante del cammino evolutivo, della sua crescita personale; per la prima volta si trova ad affrontare da solo un mondo per lui nuovo, non ci sono più solo i genitori e i nonni ma maestre e compagni.  Successivamente, durante il percorso scolastico emergono due aspetti importanti sui quali vorrei soffermarmi, dividendo la relazione in due parti: prima di tutto vorrei accennare alle difficoltà che potrebbero emergere (difficoltà nell’apprendimento, disturbi a livello comportamentale, relazionale …) e poi affrontare l’argomento scuola dal punto di vista dei genitori e degli insegnanti; come possono questi aiutare il bambino a vivere serenamente la vita scolastica.

Possono emergere difficoltà nell’apprendimento (ad es. bambino lento, fatica a star dietro al ritmo dei compagni, scarsa attenzione, difficoltà nella concentrazione , difficoltà nella memoria, povertà verbale …), queste potrebbero essere conseguenti non a una situazione di ritardo mentale ma più semplicemente legate all’ambiente di provenienza, spesso socialmente e culturalmente deprivante . Un ambiente povero dal punto di vista non solo economico ma soprattutto a livello di stimolazione intellettiva e di cure affettive (bambini poco seguiti, trascurati) si ritrova spesso dietro alle difficoltà scolastiche . Può essere il caso di bambini provenienti da situazioni lunghe di istituto o bambini che sono stati a lungo sballottati tra istituto e famiglia d’origine prima di essere adottati. E’ importante in questi casi che i genitori e le insegnanti seguano con pazienza il bambino, dedicandogli tempo, attenzione, stimolandolo, rassicurandolo, sostenendolo …

A volte però dietro alle difficoltà nell’apprendere possono esserci meccanismi messi in atto inconsciamente . Ci sono bambini che non riescono a trattenere nella mente concetti nuovi o che non riescono a stabilire relazioni tra concetti diversi perché imparare, apprendere vuol dire riconoscere che c’è qualcosa di nuovo, che non si conosce e questo spaventa . Così la curiosità , la spinta a conoscere cose nuove , le funzioni cognitive vengono inibite. Il trauma dell’abbandono, l’esperienza infantile del bambino adottato rappresenta una tempesta emotiva così intensa da compromettere a volte la spinta a conoscere e ad apprendere …

Bowlby fa riferimento nel suo ultimo libro alla “fatica di pensare” dei bambini che sono stati costretti dal comportamento degli adulti a non affrontare gli eventi ansiogeni della loro vita passata e che gradualmente perdono sempre più spazi di elaborazione mentale nel timore che ricompaiano quei ricordi che “non devono ricomparire”. Pensare vuol dire ricordare il passato e di conseguenza prendere coscienza di una realtà dolorosa. Dalle testimonianze di ragazzi adottati emerge come solo pochi di loro ricordano eventi della loro vita passata, in istituto o nella famiglia d’origine; questo non vuol dire che non abbiano vissuto ma che hanno messo in atto un meccanismo di rimozione … dimenticare è un modo di difendersi da vissuti dolorosi.

“Quando il maestro mi interrogava piangevo, non ricordavo nulla , avevo l’impressione che nella testa non ci fosse posto per tutte le cose che mi chiedevano di imparare”  (Marco) . Le aspettative dei genitori a volte eccessive possono influire negativamente sul rapporto del bambino con lo scuola e sul rendimento scolastico . Il bambino si sente in dovere di riuscire a tutti i costi e di riuscire bene , questo può creare l’effetto contrario generando ansia, tensione, rendendo difficile l’apprendimento stesso. La pressione psicologica che il bambino avverte su di lui genera ansia e rende difficile un rapporto sereno con lo studio . Possono emergere sensi di colpa se non riesce al meglio, la paura di deludere i genitori, il timore di non essere più amato se non riesce come ci si aspetta da lui .

A volte il bambino ha realmente delle capacità che non gli permettono di conseguire successi scolastici soddisfacenti , anche se aiutato e spronato non riesce a dare quello che gli altri si aspetterebbero da lui . E’ importante che il genitore riesca ad accettare il figlio per quello che è, aiutando lo a sviluppare le sue potenzialità, seguendo i suoi ritmi, in armonia con la sua dotazione naturale …. Il bambino va guidato nella scelta del percorso scolastico una volta divenuto ragazzo …

 “Dopo le medie sono stato iscritto ad una scuola professionale e non ad un liceo come ci si aspetta da due professori universitari . E’ stata la mia salvezza e di questo sono grato ai miei genitori .” ( Enrico).

Dietro al desiderio di apprendere deve esserci nel bambino una forte spinta verso l’autonomia, un sano desiderio di affermazione è la molla che spinge ad acquisire il sapere e ad ottenere buoni risultati …. Questa spinta versa l’autonomia può alle volte essere bloccata quando il bambino è ancora troppo dipendente dai genitori sul piano affettivo per provare un vero desiderio di emancipazione … Sono solitamente bambini insicuri, fragili, molto legati alla madre che fanno fatica a vivere serenamente il distacco e ad affrontare il nuovo mondo della scuola.

Nei bambini adottati  possono emerge maggiori difficoltà nella separazione dalle figure genitoriali in quanto ogni distacco fa riemergere nell’inconscio la ferita dell’abbandono realmente vissuto. L’inserimento a scuola (prima alla scuola materna e in seguito alle elementari) può far riemergere nel bambino antiche paure; è il genitore che dovrà dargli la forza di affrontare questo nuovo mondo rassicurandolo sul fatto che un distacco temporaneo non è necessariamente la ripetizione di una originaria separazione.

Accanto alle difficoltà nell’apprendimento possono emergere anche difficoltà a livello comportamentale : spesso si parla di disturbi dell’attenzione e iperattività, instabilità, passaggi all’atto. Si tratta di bambini agitati, in continuo movimento, incapaci di soffermarsi, di prestare attenzione a lungo, di concentrarsi . Questo tipo di comportamento nella maggior parte dei casi è spia di un disturbo che riguarda la sfera della affettività. E’ espressione di un disagio interiore . L’agitazione esterna è il riflesso di una inquietudine interiore dalla quale il bambino si difende con una fuga continua sia con la mente che con il corpo. Di fronte ad un vissuto doloroso, alle difficoltà fuggono .. Questo tipo di comportamento rende difficile il rapporto con le insegnanti e i compagni creando di conseguenza difficoltà relazionali.

Cosa fare dunque per aiutarlo? Quando è particolarmente ansioso o agitato è importante che la persona a lui vicina riesca a tollerare la sua ansia, senza entrare a sua volta in agitazione. Il bambino ha più che mai bisogno in questi momenti di qualcuno calmo che riesca a tollerare e a contenere la sua ansia.

E’ importante poi per le insegnanti scoprire ciò che può interessarlo particolarmente, in modo da prolungare la sua attenzione. Ci si trova di fronte a bambini fragili, insicuri, che vanno in ansia facilmente, che si arrabbiano, che difficilmente tollerano le frustrazioni. Alla origine di tutto ciò ci sono situazioni di carenza, di deprivazione affettiva più o meno gravi che hanno segnato l’infanzia del bambino (bambini trascurati, sballottati, senza riferimenti affettivi) . Questo può essere presente nei bambini adottati già grandini con una difficile storia alle spalle. Occorre rassicurarli, sostenerli ed aiutarli nei momenti di maggiore agitazione, mantenendo un clima tranquillo e sereno a casa. Un’ altra via con la quale il bambino manifesta un disagio interiore e che spesso emerge a scuola è la via somatica. Spesso gli alunni lamentano disturbi psicosomatici: nausea, vomito, mal di testa, disturbi nel sonno e alimentari … Anche in questo caso si deve cercare di capire cosa sta dietro al sintomo psicosomatico ed aiutare il bambino ad elaborare. Il sintomo psicosomatico è l’espressione attraverso il corpo di un disagio psicologico.

Come si diceva in precedenza l’inserimento scolastico rappresenta una tappa importante nel cammino di crescita del bambino. E’ necessario che i genitori di un bambino adottato lo preparino e gli diano sicurezza per affrontare eventuali situazioni nella relazione con i compagni che potrebbero creare disagio. La curiosità degli altri alunni potrebbe portare a chiedergli “chi sono i tuoi veri genitori ? “.

L’informazione corretta sulla propria situazione adottiva fin dalla prima infanzia è fondamentale per crescere. Se il genitore adottivo si sente tale a tutti gli effetti potrà sentirsi libero di parlare con il proprio bambino della loro storia, senza nascondere o mascherare ma con tranquillità e serenità. Il bambino vivrà la propria situazione come la più naturale del mondo, e si sentirà sicuro nel momento in cui dovrà, se capiterà, affrontare i compagni con le loro curiosità . E’ importante che il bambino abbia le idee chiare circa la propria storia, in modo da fornire risposte esaurienti, senza sentirsi imbarazzato. E questa forza potranno dargliela solo i suoi genitori, rassicurandolo all’occorrenza.

“Quando ero bambino non avevo nessuna difficoltà a dire che ero figlio adottivo. I miei mi avevano insegnato che essere figli adottivi era la stessa cosa che essere figli biologici . lo non sentivo la diversità, anzi per me era una cosa bella. Poi alcuni miei compagni hanno cominciato a prendermi in giro e a dirmi che io era senza famiglia, che mia mamma non era la mia mamma vera. Non ho avuto il coraggio di parlare con le insegnanti … sono diventato più prudente a parlare della mia adozione” . (Andrea)

Può succedere che il bambino , anche quello che fino a quel momento aveva accettato serenamente la sua situazione, si ponga nuove domande, e questa ricerca di risposte lo mandi un po’ in crisi. Può sentirsi insicuro, a disagio. Dovranno essere di nuovo gli adulti, i suoi genitori a rassicurar1o, a trovare nuove risposte che lo soddisfino. Le domande comunque non finiranno, nel corso dello sviluppo ( prima infanzia, fanciullezza, pubertà, adolescenza) il bambino farà sempre nuove richieste per aggiungere un pezzo mancante alla sua storia.

Gli insegnanti devono essere informati circa la situazione adottiva del bambino ma soprattutto devono essere pronti e preparati ad affrontare questo tema con la classe . Possono nascere dei problemi quando i bambini e poi i ragazzi si trovano davanti a libri di testo che non riconoscono i diversi tipi di famiglia ma che offrono di questa un modello rigido e precostituito. Il rapporto biologico viene ancora oggi enfatizzato dai libri, dai giornali, dalla tv …. Basti pensare ai film .. . Sta alla sensibilità delle insegnanti educare i bambini, insegnando loro come possano esserci diversi tipi di famiglie, e di nascite (di pancia – di cuore) .

Il rischio è che i compagni sottolineino la diversità del bambino adottato, lo prendano in giro escludendolo ed emarginandolo. Nel bambino potranno crearsi sensi di inferiorità e di inadeguatezza, rabbia, aggressività oppure chiusura e ritiro in se stesso. Lavorare sul tema famiglia a scuola è importantissimo; la lettura di fiabe, racconti può essere utile e di aiuto, come sentirete più avanti .

E’ importante che ogni bambino riesca a trovare uno spazio per poter raccontare, parlare di sé, secondo i suoi tempi . Parlare della propria storia personale, ricostruire la storia della propria nascita e della propria famiglia può essere difficile per un bimbo adottato . E’ importante che ciò avvenga quando il bambino si sente pronto a fare ciò . Bisogna che la scuola offra le occasioni e aspetti che il bambino sia pronto a parlare di sé. Può anche essere che in un certo momento non sia pronto a rendere pubblica la sua storia. E’ importante soprattutto che su di lui non. pesi in negativo la diversità. Bisogna creare spazi in cui i bambini possano esprimersi, ma per far ciò liberamente devono avvertire un clima di accettazione da parte innanzitutto degli adulti.

Da un lato il genitore dovrà prepararsi a dare spiegazioni ripetute nel tempo, e sempre più esaurienti. Gli insegnanti dall’altra parte dovranno prevenire parlando della famiglia al di fuori degli stereotipi culturali … Ogni bambino dovrebbe trovare nella scuola lo spazio per costruite la propria identità attraverso la narrazione, il racconto della propria storia individuale e familiare, sentire che essa viene accettata, compresa da tutti. Questo vale per il bambino adottato come per quello in affidamento o per altre situazioni: divorzi, convivenza, presenza di un solo genitore, minore straniero …

Le  proposte indicate di seguito potrebbero essere utili dopo aver affrontato con tutto il gruppo classe argomenti del tipo : diversi tipi di famiglia, la propria storia personale e famigliare, la propria nascita … Si offre al bambino e al ragazzo la possibilità di parlare di sé non in prima persona ma indirettamente, attraverso la voce di personaggi …

  1. Raccontare se stessi, parlare di sé partendo da uno stimolo visivo. Foto prese da giornali, scelte tenendo presenti certi temi: famiglia, scuola, relazione con i compagni. (Adatto sia per le scuole elementari che medie)
  2. Partendo dalla lettura di fumetti lasciare che il ragazzo scelga un personaggio poi, dare la possibilità attraverso la creazione di racconti di esprimere i propri vissuti attraverso la voce del personaggio preferito. (Adatto per le scuole medie).

Si possono visionare qui i Percorsi didattici realizzati in classe: non hanno la pretesa di esaurire il tema dell’adozione  ma vogliono costituire un momento di riflessione sulla genitorialità, e uno stimolo per la progettazione di altri itinerari.

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