torna all’indice del Bollettino 1-2 2014

L’assurda e incredibile storia di E 

Riportiamo in estrema sintesi la storia di E e di una famiglia, la sua famiglia adottiva, che nell’aprile del 2012 si è rivolta all’Anfaa raccontando una vicenda che è apparsa subito chiara nella sua gravità e che, da allora, abbiamo seguito, sempre al fianco di E e della sua famiglia. La sua famiglia mancata.

E nasce nel dicembre 2011 e la donna che l’ha partorita decide di avvalersi del diritto alla segretezza del parto; E è una bimba non riconosciuta alla nascita e per lei si aprono le porte dell’ado­zione.

Nei primi giorni di Gennaio 2012 una coppia viene convocata dal TM per l’abbinamento. È importante evidenziare che questa coppia aveva dato disponibilità per la sola adozione e non per l’affidamento a rischio giuridico di adozione (chiamato anche collocamento temporaneo). Così P e C incontrano E, la loro figlia.

L’udienza con cui un giudice del TM affida alla coppia la minore con decreto urgente è del 13/01/2012. Il decreto ha carattere di urgenza e provvisorietà e si specifica che la coppia individuata è risultata idonea per futura adozione della minore in oggetto e che lo stesso dovrà essere convertito in decreto di affido preadottivo in pendenza dei tempi tecnici necessari.

Una signora che si presumeva essere la madre naturale della minore in data 05/03/2012 si presenta da un ufficiale di stato civile per chiedere la sospensione della procedura di adozione. Questa sospensione di 30 giorni è stata immediatamente concessa dal TM di Ancona nonostante il parere contrario del PM e l’astensione del giudice che aveva emesso il decreto. Durante questo periodo si attendeva di conoscere le reali intenzioni di questa donna. Il 21/03/2012 viene ufficialmente formalizzato il decreto di sospensione.

Intorno al 5 aprile 2012 pare che risalga la data del riconoscimento da parte della madre biologica. Pochi giorni dopo alla coppia convocata dal TM viene data la notizia del riconoscimento e della richiesta di ricongiungimento.

La donna dichiaratasi madre naturale della minore non era mai stata ufficialmente convocata in Tribunale e nessuna indagine era stata ancora condotta. Quando non si riconosce il proprio figlio la legge garantisce l’assoluto anonimato.

Nell’aprile 2012  la coppia affidataria viene ricevuta da due Giudici Onorari presso il TM: all’incontro non viene ammesso il loro avvocato, a cui la convocazione era stata inviata, con la motivazione che si trattava di un’udienza informale. Nel corso dell’incontro viene comunicato che la madre biologica della bambina è una suora (ora ex). In quell’occasione, i due Giudici Onorari riportano alla coppia un messaggio della Presidente del TM, che si è raccomandata di riferire: non appena la bimba sarà tornata a vivere con la madre biologica, il TM provvederà a proporre alla coppia un nuovo abbinamento.

Il 23/04/2012 con reclamo il PM chiedeva alla Corte d’Appello la revoca del decreto con il quale veniva concessa la sospensione della procedura di adozione al fine di permettere alla mamma naturale di poter avviare ufficialmente l’iter di riconoscimento.

Viene fissata l’udienza in Corte d’Appello. Scientemente si evita di comunicare alla tutrice e legale della minore (nominata il giorno della nascita della minore dal TM, come previsto dalla legge) il delicato passaggio giudiziario tanto da permettere solo all’ avvocato della madre biologica di presentarsi in dibattimento.

La Corte d’Appello in data 13/06/2012, accogliendo il reclamo di cui sopra, disponeva l’immediata dichiarazione dello stato di adottabilità della minore, dichiarando fra l’altro ingiustificata la CTU che qualche giorno prima la Presidente del TM aveva provveduto a nominare. La Corte d’Appello statuisce quanto segue:

“L’art 11 co. 2 L. 184/1983 prevede: nel caso in cui non risulti l’esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternità o maternità sia stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di adottabilità a meno che non vi sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al riconoscimento”. Per l’adita corte la ratio della norma è chiara e incontrovertibile. La sospensione può essere disposta dal tribunale per un periodo massimo di due mesi sempre che nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado, o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale. Ai fini della sospensione della procedura è richiesta la sussistenza della condizione imprescindibile della “permanenza del rapporto con il genitore naturale. Dalla certificazione in atti redatta dall’ostetrica M. M. L., si attesta che “alla presenza di testimone, in data 23/12/2011, che fa fede fino a querela di falso ( mai avanzata dalla controparte ), si attesta che alle ore … presso l’ospedale di … era nato un bambino di sesso femminile figlio di donna che non consente di essere nominata e che la madre naturale del predetto minore portata a conoscenza dell’art. 11 L. 4 1983 n.184 comma II e cioè della facoltà di chiedere termine per provvedere al riconoscimento, ha dichiarato di non volersi avvalere di suddetta facoltà”. La madre biologica rimane volontariamente lontana dalla figlia e non chiede di avere con la stessa nessun rapporto almeno dal 24/12/2011 (due giorni dopo la sua nascita) La stessa ha presentato istanza di sospensione della procedura di adottabilità ben 73-75 giorni dopo, oltre ogni limite concesso. Per quanto scritto sopra vengono meno tutti i presupposti per che la so­spensione venga concessa (siamo oltre i 60 giorni, nel frattempo non ha chiesto ne cercato contatti e via dicendo). Nel frattempo, dal 14/10/2012 la minore è stata accolta, accudita e curata, con grande affetto ed attenzione dalla coppia affidataria (v. relazione dell’assistente sociale)”.

 Il PM nel ricorrere alla Corte d’Appello evidenzia che il TM aveva trasmesso (contro ogni norma e ragionevole motivo) solo estratto degli atti inerenti il fascicolo della minore.

La Presidente del TM ha totalmente disatteso la sentenza della Corte d’Appello e disposto un provvedimento con il quale la CTU di fatto ha iniziato la sua indagine sulle capacità genitoriali della mamma naturale della minore.

In tutto questo, la coppia affidataria che ha continuato ad accudire la piccola convinti che avrebbero avuto a breve la sentenza di adozione, è stata tenuta all’oscuro di questi passaggi.

Il 14 /11/2012 il TM provvede a convocare nuovamente la coppia affidataria per aggiornarla sugli sviluppi dell’iter e per essere sentiti in qualità di genitori affidatari prima della camera di consiglio in cui si sarebbero decise le sorti della minore.

In pochi giorni viene emesso il decreto di revoca dell’affido con il ripristino immediato del rapporto tra madre naturale e figlia che in tre settimane (3 incontri a settimana) avrebbe dovuto ricongiungersi definitivamente alla madre che vive nella comunità di accoglienza che l’ha ospitata già nei mesi precedenti al parto. Un decreto per sua natura non può contenere elementi di definitività (di cui lo stesso invece è pieno). E’ passato circa un anno dalla sua nascita e la bimba conosce solo i suoi genitori affidatari e non ha mai visto la sua madre biologica che è e rimane una perfetta estranea; inoltre come testimonierà un consulente nominato su proposta del tutore (psicologa) la minore manifesta chiari, inequivocabili ed irreversibili segni di attaccamento verso la coppia .

Inspiegabilmente la Presidente del TM chiede che venga stilato un rapporto sulle modalità con cui i giudici onorari sono arrivati a selezionare la coppia per l’affido della minore, ma di tale documento non si ha traccia .

In seguito, nelle more del procedimento si riesce a capire la logica di questa azione. Infatti l’avvocato della mamma ad un certo punto inizia una lunga e logorante azione di delegittimazione della coppia. Mette in dubbio le loro capacità ed idoneità ad adottare. Avanza sospetti sulla modalità con cui sono stati selezionati. Chiede di poter accedere al fascicolo della coppia .Da questa ricerca emerge che il TM aveva riconosciuta e dichiarata l’assoluta idoneità della coppia ad adottare. Contestual­mente le relazioni che arrivano al TM dai Servizi del territorio che monitorano l’andamento dell’affido riportano una situazione di assoluta serenità e benessere della minore.

Il suddetto decreto è stato immediatamente impugnato dal PM, giudizio in cui la coppia si costituisce parte con la formula dell’intervento per adesione.

Il PM chiede l’immediata sospensione degli incontri tra madre e figlia e tale richiesta è stata accolta dalla Corte d’Appello il 12/12/2012. In tutto vengono fatti solo tre incontri.

Il 16/01/2013 si è tenuta l’udienza in cui i giudici sono entrati nel merito della questione. La sentenza, in cui sono state scritte 15 pagine di motivazioni, dispone che la bambina debba essere immediatamente dichiarata adottabile perché in evidente ed inequivocabile stato di abbandono. Si aggiunge che la donna è stata assistita materialmente e moralmente sia nella fase precedente al parto che in quella immediatamente seguente dalla responsabile della casa di accoglienza nella quale tutt’ora vive e che il ripensamento sia una scelta di ripiego dopo che la donna aveva saputo di essere stata cacciata (contrariamente a quanto fatto credere in prima istanza in cui si parlava di una sua autonoma decisone di uscire dalla congregazione per amore della bambina) dalla congregazione religiosa a cui apparteneva. Si evidenzia come la responsabile della struttura di accoglienza le abbia più e più volte garantito sostegno morale e materiale qualora la suora avesse deciso di tenere la bimba e che la stessa abbia più volte ribadito la sua assoluta volontà di rientrare nella congregazione e di dare in adozione la bimba.

Nonostante questa seconda sentenza la Presidente del TM ha emesso questa volta una sentenza dichiarando il non luogo a provvedere riguardo l’adottabilità della minore, ha revocato il tutore e i servizi sociali, ha ripristinato gli incontri madre – figlia con frequenza quadri settimanale in modo che in 4 mesi la bimba potesse ritornare definitivamente con la madre biologica.

La sentenza del TM è stata nuovamente impugnata dal PM.

Quest’ultima udienza però è stata sospesa perché l’avvocato della madre ha ricusato la Corte d’Appello con la motivazione che, essendo la terza volta che avrebbe giudicato questo caso, fosse di parte. La Corte ha quindi mandato gli atti presso un ufficio che doveva giudicare se accogliere o meno la ricusazione e nel frattempo non hanno sospeso gli incontri tra madre e figlia. La ricusazione è stata rigettata.

Incredibilmente la Presidente del TM ha nominato come figura terza che accompagnava la donna durante gli incontri una psicoterapeuta che era stata consulente di parte della madre nominata dall’avvocato della madre stessa nella fase precedente. Prima CTP ora CTU.

Questa scelta viene considerata da tutti gli operatori del settore assolutamente anomala e non di garanzia per la minore tanto che alla fine si è scoperto che la psicoterapeuta (CTU) e l’avvocato della madre concordavano i testi delle relazioni sugli incontri da inviare al TM: questo carteggio è documentato da una mail che l’avvocato della madre ha erroneamente inviato alla coppia affidataria. Questi ultimi hanno riferito l’accaduto al Garante dell’Infanzia che ha prontamente segnalato alla Procura della Repubblica. Un esposto-segnalazione è stato anche presentato alla Procura della Repubblica presso il TM.

È importante segnalare che risale allo stesso periodo la nomina da parte del CSM, su proposta del TM di Giudice Onorario del marito della psicoterapeuta (CTU).

La Corte d’Appello emette la sentenza di adottabilità della minore e non rimanda gli atti al TM. Fra le motivazioni, la Corte d’Appello ha riportato l’irregolare carteggio e accordo tra la psicoterapeuta (CTU) e l’avvocato della madre biologica.

Nel frattempo, su autorizzazione della Presi­dente del TM, la rivista Diritto e Giustizia Minorile, liberamente consultabile online, pubblica la sentenza di non luogo a provvedere riguardo l’adottabilità della minore, senza che vengano secretati i riferimenti della minore (nome, cognome, luogo e data di nascita), degli affidatari e della madre naturale, in evidente violazione della 52 comma 5 del D. lgs 193/2003, che in materia di protezione dei dati personali prevede che le generalità , altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l’identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone in caso di diffusione di decisioni giudiziarie devono essere omessi. Sono quindi stati attivati l’ufficio del Garante dell’Infanzia della Regione Marche e il Garante per la privacy: in pochi giorni la sentenza è stata rimossa da internet.

2 dicembre 2013: la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza della Corte D’Appello senza però fornire indicazioni circa il proseguo dell’iter di avvicinamento della madre biologica con la figlia.

Sentenza senza precedenti.

2014: il TM dispone la ripresa degli incontri tra la minore e la madre biologica: gli incontri sono frequenti e ravvicinati: il TM stabilisce che dopo poche settimane la bimba pernotti presso la casa d’accoglienza presso cui la madre biologica vive. Non viene garantito nessun monitoraggio degli incontri da parte di professionisti preparati e non condizionabili col compito di relazionare sull’andamento degli stessi alle Autorità giudiziarie. Nel mese di aprile 2014 il calendario degli incontri subisce una brusca accelerata: nessuna comunicazione viene fatta in tal senso dal TM agli affidatari, che apprendono le modifiche dagli avvocati della madre biologica, tramite mail.

Nel febbraio 214 l’Avvocato della coppia affidataria presenta alla Corte di Cassazione un ricorso per revocazione.

Il 16 aprile 2014, una telefonata del legale della madre biologica informa gli affidatari che il TM ha emesso un provvedimento che stabilisce che la bimba non rientri più presso di loro.

 

Lettera aperta dell’Anfaa sul caso: La Magistratura minorile viola il diritto alla continuità degli affetti

Con incredulità e sgomento apprendiamo da alcune testate giornalistiche che il Tribunale per i Minorenni di Ancona ha emesso un provvedimento in cui stabilisce che non tornerà più dalla sua famiglia affidataria la bimba nata a fine 2011 da una ex suora che, al momento della nascita, aveva deciso di avvalersi del diritto alla segretezza del parto, salvo poi cambiare idea, dopo 73 giorni, a fronte della decisione del suo ordine religioso di appartenenza di allontanarla. Da quel momento è cominciato un travagliato iter giudiziario che ha portato, nel gennaio 2014, alla sconcertante sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che la minore dovesse tornare a vivere con la donna che l’ha messa al mondo, fino ad allora per lei sconosciuta. La bimba, nel frattempo, è stata amorevolmente accudita dalla coppia a cui il Tribunale per i Minorenni di Ancona l’aveva affidata a fini adottivi a pochi giorni dalla sua nascita, come previsto dalla normativa vigente.

Questa Associazione, che è sempre stata al fianco della famiglia affidataria a difesa del diritto della minore a crescere in una famiglia in grado di rispondere adeguatamente alle sue sigenze, ritiene che l’intero procedimento sia stato caratterizzato da molteplici violazioni di norme procedurali e che vi siano aspetti oscuri, che verranno affrontati nelle sedi opportune.

Quello che oggi vogliamo denunciare è la violazione del diritto della minore alla continuità degli affetti da parte del Tribunale per i Minorenni, che ha di fatto anticipato, con l’ultimo provvedimento, la conclusione della delicata fase di passaggio dalla famiglia affidataria a quella d’origine (composta dalla ex suora, residente presso un centro d’accoglienza). L’importanza di questo diritto, ormai riconosciuto anche da operatori e giudici minorili,  è stata riaffermata con forza in un documento del Tavolo nazionale affido, cui l’Anfaa aderisce, di cui riportiamo alcuni passaggi: “Vanno tutelati anche gli affetti sorti durante l’affidamento, in particolare tra il minore in affido e la famiglia affidataria. Questa tutela si sostanzia innanzitutto nell’evitare interruzioni traumatiche delle relazioni e/o passaggi ingiustificati in strutture, sia quando si dovesse disporre l’inserimento in un’altra famiglia (affidataria o adottiva), sia quando si decidesse per il rientro nella famiglia d’origine o in quella di parenti. (…..) Nell’attuare il cambiamento di situazione si presterà particolare attenzione a definire le specifiche modalità di:

  • preparazione affettiva e comunicazione al minore della decisione assunta ponendo particolare cura in funzione dell’età del minore e della sua capacità di discernimento;
  • trasmissione da parte della famiglia d’origine o degli affidatari di notizie e informazioni sulle abitudini e sulle necessità specifiche del bambino;
  • nella chiusura dell’affido, gradualità del passaggio tra gli affidatari e la nuova realtà, con un incremento progressivo dei tempi di lontananza dagli affidatari, nel rispetto delle relazioni instaurate dal bambino;
  • mantenimento dei rapporti con gli affidatari, favorendo visite periodiche nel tempo che permettano al minore di elaborare la sua storia e di non dover cancellare gli aspetti positivi che l’hanno costruita”.

Appare evidente come, nel caso in oggetto,  la decisione in merito al rientro definitivo sia stata presa in maniera intempestiva e senza alcun accordo  preventivo con gli affidatari; ciò avrebbe consentito alla coppia di informare e preparare la bimba. Nessuno meglio di coloro i quali  rappresentano la sua “base sicura”, che l’hanno accudita e amata come figlia in questi suoi primi due anni di vita, avrebbe potuto sostenerla ed accompagnarla in questa delicatissima fase, fonte inevitabile di acuta sofferenza per lei.

Questa bimba inevitabilmente vivrà la brusca interruzione dei suoi legami affettivi primari, senza alcuna previsione della continuità dei rapporti,  come un tradimento e un abbandono da parte di chi rappresenta per lei la sua primaria figura genitoriale.

Anche il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Ancona, Dott. Venezia, in una recente intervista aveva dichiarato “Le difficoltà in questo passaggio sono inevitabili, perché non si può pensare che possa essere indolore; per la bambina la madre è un’estranea. Ci dovranno essere delle cautele”; cautele che, come emerge chiaramente dai fatti, non ci sono state.

L’Avvocato della mamma biologica, Dott. Giardini, in un’intervista pubblicata su Il Resto del Carlino, a commento dell’ultimo provvedimento del Tribunale per i Minorenni, ha affermato «Se la bambina potrà vedere ancora i genitori ‘adottivi’ potrà deciderlo solo la mamma».

Riteniamo inaccettabile questa dichiarazione e auspichiamo un urgente intervento dell’Autorità Giudiziaria minorile e del Garante per l’Infanzia, a cui peraltro già ci siamo rivolti, per far sì che al trauma subito dalla bimba nella brusca separazione da chi l’ha amata e accudita per i primi due anni della sua vita, non si debba aggiungere anche il trauma di dover cancellare dalla sua memoria la positiva esperienza di affido e le persone che l’hanno accompagnata.

Riportiamo, in conclusione, uno stralcio dell’intervista al Dottor Maurizio Pincherle, neuropsichiatra infantile, primario dell’ospedale di Macerata, autore di numerose pubblicazioni, che conosce da vicino la vicenda, perché ha avuto modo di esaminare la bimba in questi due anni: «Qui si discute sulla pelle di una bambina. Prima di decidere cosa fare, si sarebbero dovuti valutare attentamente i danni che lei poteva subire. Allontanare questa bambina dalla mamma affidataria significa farla morire. (…) Si sa benissimo che i legami di attaccamento sono importanti, e si strutturano nei primi due o tre anni di vita. Per questo la bambina deve rimanere con i genitori che l’hanno cresciuta, con cui ha stabilito i legami».

Donata Nova Micucci, Presidente nazionale Anfaa

Torino, 18 Aprile 2014