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Home » Famiglia come diritto » Sostegno a Distanza

Sostegno a distanza

(Questa pagina è in revisione: torna nei prossimi giorni per vederne l’aggiornamento o iscriviti alla newsletter per ricevere le ultime novità)

Cos’è un sostegno a distanza e come valutarlo

Ci siamo convinti a scrivere il nostro punti di vista osservando che, troppo spesso, varie forme di sostegno economico/logistico a distanza di bambini in difficoltà tendono a confondere la buona fede di chi si impegna in una giusta causa e a snaturare la parola “adozione”: proviamo a chiarire qualche concetto.

La realtà, la pubblicità e la sostanza

La drammaticità e l’emergenza di certe situazioni, l’enorme entità del bisogno di certi paesi del terzo mondo, ci spingono a cercare risposte concrete alla sofferenza (spesso ben rappresentata attraverso i media). Che fare?

Il linguaggio pubblicitario, per emozionarci a fin di bene, usa delle parole che è meglio chiarire: quando leggiamo “adotta a distanza un bambino” (o “adotta una scuola” o un nonno, un museo, una panchina, una bambola, …) dobbiamo essere consapevoli che si tratta di una semplificazione per comunicare una domanda come questa: “volete prendervi a cuore questa situazione e sostenere economicamente la nostra iniziativa per un po’ di tempo?”. Occorre cioè sapere che in sostanza la nostra azione economica nulla ha a che fare con l’effetto giuridico di una adozione.

Le organizzazioni che gestiscono le “adozioni a distanza” utilizzano ottimi metodi comunicativi per raccontare attraverso foto o lettere la gratitudine che il nostro impegno economico e la nostra costanza lasciano nei bambini o nelle strutture che stiamo aiutando (o scuole, ospedali, musei, canili, …). Ma a noi è richiesto di restare vigili nella scelta di chi aiutare. Vediamo come, restringendo il campo ai bambini.

Chiariamoci: aiutare è una splendida cosa! Facciamo attenzione e non illudiamoci

Per indicare il meraviglioso e nobile aiuto disinteressato che persone o gruppi mettono in atto nei confronti di coloro che versano in situazione di estrema indigenza, riteniamo più appropriati termini quali “sostegno”, “aiuto” o “solidarietà a distanza”; termini che mettono in risalto gli aspetti positivi di queste forme di aiuto, senza sminuire il valore dell’adozione.

Infatti, il termine “adozione” identifica l’atto sociale e giuridico in base al quale i bambini diventano figli a tutti gli effetti di genitori che non li hanno procreati e, parallelamente, i genitori diventano padre e madre di un figlio non nato da loro.

Con l’adozione, i genitori adottivi diventano gli unici e veri genitori di bambini procreati da altri.

Con questa consapevolezza, se si considera il rapporto di adozione come un vero e proprio rapporto di filiazione, ne consegue l’esigenza che, per indicare iniziative di aiuto e sostegno, non sia utilizzata una generica denominazione “adozione a distanza”, in quanto, usata in questo contesto, comporta connotazioni riduttive per l’adozione.

Facciamo attenzione a valutare l’iniziativa dal punto di vista dei bambini

La scelta emotiva, che mette in moto energie generose, deve essere accompagnata da una valutazione oggettiva della realtà, per offrire ai bambini, compresi quelli malati e handicappati, risposte che tengano contro di questo loro diritto: il diritto a crescere in una famiglia, fuori da istituti.

Valutare le iniziative in quattro punti

L’azione dei gruppi, delle associazioni e dei singoli dovrebbe privilegiare iniziative volte a:

  • sostenere, anche economicamente, la famiglia di origine e favorire la possibilità di mantenere unito il nucleo familiare, rivolgendo una particolare attenzione al sostegno dei genitori soli;
  • valorizzare l’affidamento familiare dei bambini, compresi quelli handicappati o malati, a famiglie della comunità locale nei casi in cui quella del minore non possa provvedervi;
  • promuovere la nascita di piccole comunità di tipo familiare (8-10 minori al massimo) in sostituzione degli istituti, perché si possa assicurare al bambino un rapporto educativo/relazionale significativo, rapporto che è possibile realizzare solo in ambienti piccoli;
  • favorire l’adozione dei bambini in situazione di abbandono materiale e morale, che deve essere prioritariamente realizzata nel paese di origine, e solo quando ciò non sia possibile, all’estero.

Certamente serve una attenta considerazione degli aspetti etici, culturali e sociali dal paese in cui si intende operare (ad esempio, occorre saper valorizzare la concezione allargata della famiglia che è tipica di alcuni paesi africani).

Secondo noi è necessario avere una chiara consapevolezza dei bisogni dei minori, per saper contrastare proposte o richieste che sono una negazione dei loro diritti, come la costruzione di nuovi istituti, e saper orientare la nostra disponibilità verso iniziative che siano di vera promozione dei loro diritti.

Le risposte alternative all’istituto, oltretutto, sono di gran lunga meno onerose e consentono di aiutare un numero maggiore di persone, mantenendo vivo e rafforzando il concetto di famiglia e il valore del legame familiare.

Così come abbiamo imparato a commuoverci e ad agire per combattere i danni causati dalle guerre, dalla fame, dai terremoti, così riusciremo a inorridire di fronte alla prospettive di 50-100 e più bambini ricoverati, tutti insieme, in un istituto. I danni provocati al loro sviluppo sono gravi almeno quanto quelli causati dalla mancanza del minimo indispensabile per sopravvivere.

L’azione di chi vuole operare in questo campo, dovrà pertanto essere volta ad affermare e a realizzare il diritto di ogni bambino a crescere in famiglia, nella consapevolezza che ogni bambino per poter diventare un adulto indipendente e capace di amare, ha bisogno di sentirsi amato da qualcuno.

Scheda a cura dell’Anfaa

Questa sintesi è tratta dalla nostra visione e le nostre proposte, che vi invitiamo a leggere

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