Anfaa e il sostegno a distanza

La concretezza: aspetto positivo

In questi ultimi anni si stanno sempre più moltiplicando iniziative volte ad informare e sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alle condizioni di miseria estrema in cui sono costretti a vivere centinaia di migliaia di persone (bambini ed adulti). Numerosissime sono le iniziative attivate da parte di singoli o gruppi per rispondere a questi immensi bisogni con atti di solidarietà concreta: tutto ciò è un fatto estremamente positivo.

La solidarietà non altera i diritti del bambino

Queste forme di solidarietà, a nostro avviso, non possono però prescindere dal riconoscimento che diritto fondamentale di ogni bambino (compresi i bambini handicappati e malati) è quello di crescere in una famiglia. Questo diritto inalienabile nasce dal fatto che è universalmente riconosciuto che ogni bambino, per poter raggiungere uno sviluppo psico-fisico equilibrato, ha bisogno di cure personali e continue che solo in un ambiente familiare può ricevere.

No agli istituti di ricovero

La consapevolezza di questa realtà deve far riflettere sulle iniziative che si intendono intraprendere per aiutare questi bambini. La drammaticità e l’emergenza di certe situazioni, l’enorme entità del bisogno di certi paesi del terzo mondo, non possono giustificare la scelta di investire disponibilità economiche ed energie umane nella costruzione e nel finanziamento di nuovi istituti di ricovero. Condizioni di emergenza particolari (guerre, catastrofi naturali, ecc.) possono rendere indispensabili interventi di natura particolare come l’allestimento di presidi che ospitino gruppi anche numerosi di minori.

Può essere infatti necessario ricorrere a soluzioni quali tendopoli, campi profughi e simili. Questi interventi, comunque, devono essere di natura provvisoria e devono essere adottati solo per il tempo necessario a trovare soluzioni più idonee, quali l’allestimento di piccole strutture che tengano conto della dimensione familiare (ad esempio comunità di 8-10 persone) o il reperimento di famiglie e persone singole in grado di provvedere alla cura di questi bambini.

Non può comunque giustificarsi la costruzione di “nuovi edifici in muratura”, che per la loro stessa natura sono destinati a perpetuarsi nel tempo e a rendere pertanto più difficile la ricerca di soluzioni alternative.

Danni psicologici dimostrati. Dal 1950.

Infatti già a partire dagli anni ’50 sono stati dimostrati i danni psicologici che derivano al bambino costretto a vivere nell’anonimo ambiente dell’istituto anziché circondato dall’affetto e dal calore che solo una famiglia può dargli. Ricerche scientifiche autorevoli sui bambini ricoverati nei brefotrofi, quali quella condotta da J. Bowlby negli anni ’50, per conto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno dimostrato che carenze di cure affettive gravi e prolungate, possono causare al bambino danni irreparabili e irreversibili, non solo al suo sviluppo psichico, ma anche al suo stesso sviluppo fisico e possono provocare in casi estremi, ma non rari, anche la morte.
La scelta emotiva, che mette in moto energie generose, deve essere accompagnata, quindi, da una valutazione oggettiva della realtà, per offrire ai bambini, compresi quelli malati e handicappati, risposte che tengano contro di questo loro diritto: il diritto a crescere in una famiglia.

Iniziative da privilegiare

L’azione di gruppi, delle associazioni e dei singoli dovrebbe quindi privilegiare iniziative volte a:

  • sostenere, anche economicamente, la famiglia di origine e favorire la possibilità di mantenere unito il nucleo familiare, rivolgendo una particolare attenzione al sostegno dei genitori soli;
  • valorizzare l’affidamento familiare dei minori, compresi quelli handicappati o malati, a famiglie della comunità locale nei casi in cui quella del minore non possa provvedervi;
  • promuovere la nascita di piccole comunità di tipo familiare (8-10 minori al massimo) in sostituzione degli istituti, in modo che si possa assicurare al minore un rapporto educativo/relazionale significativo, rapporto che è possibile realizzare solo in ambienti piccoli;
  • favorire l’adozione dei minori in situazione di abbandono materiale e morale; adozione che deve essere prioritariamente realizzata nel paese di origine, e solo quando ciò non sia possibile, all’estero.

Aspetti etici, culturali, sociali, economici e politici

Tutto ciò non può ovviamente prescindere da una attenta considerazione degli aspetti etici, culturali e sociali dal paese in cui si intende operare. Bisogna, ad esempio, saper tener conto e valorizzare la concezione allargata della famiglia che è tipica di alcuni paesi africani.
Inoltre l’azione dei gruppi e delle associazioni non può prescindere dalla conoscenza delle cause socio-economiche e politiche, che determinano il fenomeno dell’abbandono e della morte per fame e per indigenza di un numero immenso di bambini in determinate aree geografiche. Si deve saper agire, infatti, nell’ottica del superamento, nella misura del possibile, di queste situazioni di sfruttamento.
E’ necessario, quindi, avere una chiara consapevolezza dei bisogni dei minori, per saper contrastare proposte o richieste che sono una negazione dei loro diritti, come la costruzione di nuovi istituti, e saper orientare la proprio disponibilità verso iniziative che siano di vera promozione dei loro diritti.

Efficacia economica

Le risposte alternative all’istituto, oltretutto, sono di gran lunga meno onerose e consentono di aiutare un numero maggiore di persone, mantenendo vivo e rafforzando il concetto di famiglia e il valore del legame familiare. Così come si è imparato a commuoversi e ad agire per combattere i danni causati dalle guerre, dalla fame, dai terremoti, ecc., così si dovrà saper inorridire di fronte alla prospettive di 50-100 e più bambini ricoverati, tutti insieme, in un istituto. I danni provocati al loro sviluppo sono gravi almeno quanto quelli causati dalla mancanza del minimo indispensabile per sopravvivere.
L’azione di chi vuole operare in questo campo, dovrà pertanto essere volta ad affermare e a realizzare il diritto di ogni bambino a crescere in famiglia, nella consapevolezza che ogni bambino per poter diventare un adulto indipendente e capace di amare, ha bisogno di sentirsi amato da qualcuno.

Chiarire l’adozione

Vorremo inoltre precisare che è scorretto utilizzare la denominazione “adozione a distanza” per indicare queste iniziative. Infatti, l’adozione è l’atto sociale e giuridico in base al quale i bambini diventano figli a tutti gli effetti di genitori che non li hanno procreati e, parallelamente, i genitori diventano padre e madre di un figlio non nato da loro.
Molti considerano ancora sinonimi i due termini “nato da” e “figlio di”. Sappiamo, invece, che la personalità non è determinata tanto dall’apporto ereditario, quanto dall’ambiente, in particolare dall’ambiente familiare che educa il figlio (procreato o adottivo), forma gli aspetti essenziali del carattere e costituisce in sostanza la base della sua personalità.
Con l’adozione, pertanto, i genitori adottivi diventano gli unici e veri genitori di bambini procreati da altri. Ciò premesso, se si considera il rapporto di adozione come un vero e proprio rapporto di filiazione, ne deriva l’esigenza che, per indicare iniziative di aiuto e sostegno, non venga più utilizzata la denominazione “adozione a distanza”, in quanto, usata in questo contesto, comporta connotazioni riduttive per l’adozione.

Il ruolo dei media: i termini più appropriati

Non si possono inoltre non denunciare gli effetti deleteri che le varie “adozioni” fasulle propagandate da giornali, radio e televisioni (adotta un nonno, adotta un papà dei paesi poveri, adotta un cane, adotta una strada, adotta un monumento…) hanno su una corretta concezione dell’adozione.

Per indicare l’aiuto disinteressato che persone o gruppi mettono in atto nei confronti di coloro che versano in situazione di estrema indigenza, riteniamo più appropriati termini quali “sostegno”, “aiuto” o “solidarietà a distanza”; termini che mettono in risalto gli aspetti positivi di queste forme di aiuto, senza sminuire il valore dell’adozione.

Scheda a cura dell’Anfaa

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