LETTERA APERTA al Garante per la protezione dei dati personali

Abbiamo letto con molto interesse e condividiamo il suo comunicato del 28 gennaio scorso in cui stigmatizza la scelta di telegiornali e testate che hanno pubblicato on line “ il video delle telecamere di sicurezza in cui una donna abbandona un neonato davanti al Pronto soccorso di Aprilia” precisando .che “ le immagini si pongono in evidente contrasto con le disposizioni della normativa privacy e delle regole deontologiche relative all’attività giornalistica, le quali – pur salvaguardando il diritto/dovere di informare la collettività su fatti di interesse pubblico – prescrivono agli operatori dell’informazione di astenersi dal pubblicare dettagli relativi alla sfera privata di una persona” .

 

Segnaliamo che negli ultimi mesi , di fronte ai frequenti  ritrovamenti di neonati, fortunatamente ancora vivi, i mezzi di informazioni e, fatto ancor più grave, anche alcuni operatori e dirigenti sanitari  hanno commesso altre violazioni : attribuire al neonato un nome da parte di chi lo ha trovato nelle “culle per la vita” o per strada ( Enea, Lorenzo, Mariagrazia, etc. ); pubblicare la lettera della donna che aveva messo al mondo Enea e espressamente a lui destinata; pubblicizzare la nascita di una neonata da parte del reparto di Ostetricia dell’Ospedale di  Pesaro scrivendo che “la madre si è rifiutata di di riconoscerla”, così dando una connotazione negativa alla sua decisione responsabile, certamente difficile e dolorosa (leggendo poi l’articolo si evinceva che si trattava di una partoriente che si era avvalsa del diritto alla segretezza del parto, diritto  tutelato dalla nostra normativa…)

La tutela della necessaria riservatezza di questi piccoli  e di chi li ha messi al mondo, dovrebbe essere più rigorosa e riguarda. prima ancora degli organi di informazione, il personale ospedaliero che divulga arbitrariamente, notizie, foto, video. Non sono violati solo i codici deontologici ma i più basilari principi etici…

Stenta molto, purtroppo, a farsi strada una informazione corretta sul diritto che consente alle donne di partorire in sicurezza in ospedale assicurando una adeguata assistenza alla stessa partoriente e al suo nato… Com’è noto in caso di non riconoscimento il piccolo – una volta assegnatogli un nome e un cognome da parte dell’ufficiale di stato civile – viene segnalato alle autorità giudiziarie, dichiarato adottabile e adottato.

Le famiglie adottive dell’Anfaa chiedono anche rispetto verso la vita futura di questi bambini: pensiamo a quando, a distanza di anni, loro potranno scoprire sui social che sono stati abbandonati in un parcheggio oppure ritrovati vicino al bidone delle immondizie!!!

Auspichiamo pertanto un suo autorevole intervento anche nei confronti del Ministero della Salute per richiamare il personale sanitario alla doverosa osservanza delle disposizioni vigenti in materia (noi finora ci abbiamo provato ma senza alcun esito…); nei confronti dell’Ordine nazionale dei Giornalisti per una informazione corretta e rispettosa dei protagonisti di queste drammatiche vicende, e invitandoli, nel riportare la notizia di questi ritrovamenti, a cogliere  anche l’occasione per fornire tutte le notizie sul diritto a partorire in ospedale in assoluto anonimato , diritto garantito a tutte le donne ivi comprese le persone extracomunitarie senza permesso di soggiorno; nei confronti delle Regioni e degli Enti locali per richiamarli ai loro doveri di assistenza nei confronti delle gestanti in gravi difficoltà -sia prima che durante e dopo il parto – e ai loro nati.

Non nascondiamo al riguardo il nostro allarme sulla notevole diminuzione dei minori non riconosciuti negli ultimi anni (v. grafici allegati) …

Un’ultima riflessione: quando ci troviamo di fronte a queste situazioni ci poniamo sempre la domanda: quanti bambini ci sono che non troviamo? sono vivi o morti? quelli vivi con chi sono? con chi li ha partoriti, ma che versano in situazione di grave difficoltà o sono stati venduti o gestiti con adozioni illegali? e le donne? hanno ricevuto la dovuta assistenza? Molto probabilmente no! A loro non ci si pensa mai perché il loro numero non rientra nelle statistiche, è un numero zero, che ci è stato insegnato essere un insieme vuoto, ma che in questo caso è drammaticamente pieno di bambini e di donne veramente abbandonati dalla società.

In attesa di un gradito riscontro, segnaliamo che saremmo ben lieti di poter approfondire quanto brevemente esposto in un incontro. Con i migliori saluti – Frida Tonizzo, presidente Anfaa – Torino, 31.1.2024

Non riconosciuti grafici   Testo in pdf per Garante privacy, def. 31.1.24