LETTERA APERTA

3 gennaio 2025

IL PARTO IN ANONIMATO: GARANZIE E DIRITTI PER LA DONNA E PER IL NASCITURO

Riflessioni e proposte


Vorremmo fare alcune considerazioni sul tragico ritrovamento di un neonato morto nella culla per la vita di una parrocchia di Bari.

Quando avvengono questi dolorosi fatti si solleva nell’opinione pubblica un’ondata di condanna; pochi, però, si interrogano sui motivi che determinano questi drammi, in particolare sulle condizioni che accompagnano il gesto disperato delle donne che hanno partorito questi piccoli.

I mezzi di informazione stigmatizzano l’accaduto, ma, anche questa volta, NON hanno richiamato la possibilità, prevista dal nostro ordinamento, che le partorienti (comprese le extracomunitarie senza permesso di soggiorno) che non intendono riconoscere e provvedere personalmente al proprio nato, hanno diritto a partorire in assoluta segretezza negli ospedali e nelle strutture sanitarie, garantendo, in tal modo, a sé stesse e al neonato, la necessaria assistenza e le opportune cure, prevenendo il parto in ambienti non idonei, in taluni casi pericolosi, lasciando sole e abbandonate a loro stesse la partorienti.

Com’è noto, nel caso in cui non sia stato effettuato il riconoscimento, l’atto di nascita del bambino è redatto con la dizione “nato da donna che non consente di essere nominata” e l’ufficiale di stato civile, dopo aver attribuito un nome e un cognome, procede entro dieci giorni alla segnalazione al Tribunale per i Minorenni ai fini della dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 184/1983.

In tal modo, a pochi giorni dalla nascita il piccolo viene inserito in una famiglia adottiva, individuata dal Tribunale fra quelle che hanno presentato domanda di adozione al Tribunale stesso.

Inoltre, il parto che avviene presso una struttura sanitaria garantisce la raccolta di tutte le informazioni mediche che, opportunamente custodite dagli uffici preposti, possono essere rese disponibili su richiesta alla persona nata, nel pieno rispetto della segretezza dei dati anagrafici della donna. Queste informazioni non sono reperibili quando il nascituro è lasciato nella culla termica, con conseguente pregiudizio nell’acquisizione delle informazioni necessarie per la salute della persona nata.

Sono circa 250 all’anno in Italia i neonati non riconosciuti che, grazie a queste disposizioni, vengono adottati nel giro di pochi giorni.

È necessario che le Istituzioni preposte si impegnino maggiormente a far conoscere queste disposizioni e a garantire alle gestanti in difficoltà, il sostegno di cui hanno bisogno attraverso personale adeguatamente preparato (psicologo, assistenti sociali, educatori, ecc,) che le aiuta prima, durante e dopo il parto, le accompagna a decidere responsabilmente se riconoscere o meno il proprio nato e le sostenga fino a quando sono in grado di provvedere autonomamente a sé stesse e, se hanno riconosciuto il neonato, al proprio figlio.

I giornalisti che riportano queste tristi vicende sui media, dovrebbero fornire indicazioni sempre più precise sul diritto riconosciuto a tutte le donne di partorire in anonimato, evidenziando che, per una donna, avvalersi di questo diritto rappresenta una scelta estremamente difficile, che deve essere rispettata e che denota un grande senso di responsabilità verso la vita nascente.

Va ricordato che il diritto alla segretezza del parto è un istituto di protezione sociale di altissimo valore, ma è presente solo nell’ordinamento italiano e con qualche differenza, in quello francese; molte donne, soprattutto provenienti da Paesi esteri, non ne sono a conoscenza!


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